Damasco nella Nostra America


María Fernanda Barreto

Questo articolo fu pubblicato per la prima volta nel luglio del 2017. Considero importante tornare a presentarlo, primo perché il sito web dove originariamente fu pubblicato ha subito un sabotaggio e ha perso i propri archivi e secondo perché questo tema continua ad essere valido.

Qui si apportano elementi che continuano ad essere fondamentali per l’analisi del ruolo che sta giocando lo Stato Colombiano come testa di sbarco del rilancio della Dottrina Monroe sul continente.

Alcuni mesi fa il compagno Luis Britto García avvertiva nel suo articolo domenicale sul possibile uso che avrà il mezzo milione di soldati colombiani dopo l’accordo di pace con le FARC. “Dopo la firma degli Accordi di Pace, questa sovradimensionata milizia non ha una funzione, a meno che assuma quella di liberare il suo stesso territorio dalle basi straniere che lo occupano”, fatto che ovviamente non avverrà.

Si sa bene che, deplorevolmente, la smobilitazione delle FARC non è la fine della guerra in Colombia. Primo perché persistono le cause che generarono il conflitto e senza giustizia non c’è pace, secondo perché ci sono ancora dialoghi appena iniziati con la seconda guerriglia (ELN), terzo perché sono ancora attivi gruppi paramilitari che eufemisticamente chiamano Bacrim (Bande Criminali), e quarto, perché lo stato colombiano continua a processare ogni forma di protesta per cui i corpi di sicurezza colombiani e i paramilitari continuano ad attaccare il popolo per contenere le sue lotte.

Nonostante ciò, la domanda retorica che ci pone il rivoluzionario venezuelano ha un senso, perché si può supporre che questa smobilitazione possa davvero scoraggiare il confronto militare quotidiano e, pertanto, è lecito domandarsi per cosa la forza militare colombiana pensa di occupare le proprie risorse umane, tecnologiche e la sua ampia esperienza di combattimento, una volta che abbia perduto quello che considera il suo principale nemico. La risposta è una reale minaccia per la pace della Colombia e della regione: Damasco.

“Questo è l’esercito del futuro, il vero esercito del popolo”

Con questa frase, che chiaramente allude al nome delle FARC-EP, l’Esercito Nazionale della Colombia lancia la sua nuova dottrina militare che hanno deciso di chiamare “il post-accordo”. Una nuova periodizzazione della storia colombiana in cui mettono allo scoperto  che, per l’esercito colombiano, l’accordo di pace non è il frutto di un negoziato politico tra il governo, le FARC-EP e molto meno il popolo, ma il risultato della sua vittoria militare sulla guerriglia. Nel quadro di questa, la sua post-guerra portata avanti, -dato che ancora non hanno smobilitato del tutto le FARC, né hanno firmato alcun accordo con l’ELN né con l’EPL-, la nuova dottrina militare annunciata pubblicamente dal presidente Juan Manuel Santos nell’agosto del 2016 ha un nome molto suggestivo: Dottrina Damasco.

Argomentano che questo nome così appariscente proviene dal passaggio biblico in cui Dio apre gli occhi a San Paolo affinché questo smetta di perseguitare i cristiani, ma questa creazione teorica congiunta riunisce l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO), il Cile e la Colombia nell’anno 2011, giusto quando inizia l’intervento straniero nel conflitto siriano. Casualità e miracoli coniugati sono sempre inquietanti.

Risulta, inoltre, molto preoccupante per chi abbia memoria storica, che in questo progetto siano d’accordo l’esercito del Cile e quello della Colombia, che sono senza alcun dubbio due forze armate altamente pro-imperialiste e repressore del loro stesso popolo, insieme alla NATO, sotto l’occhio del Grande Fratello: gli Stati Uniti del Nordamerica. Che potranno apportare all’umanità in generale, alla regione in particolare e alla stessa pace della Colombia?

SAP: Sistema di Minaccia Permanente

Per non disattivare le proprie abitudini repressive, l’esercito colombiano ora parla del SAP come il nemico che mette a rischio la stabilità, in tempi in cui hanno incominciato a chiamare “post-accordo”. Una minaccia persistente che definiscono come “un mostro chiamato SAP (Sistema di Minaccia Permanente): dissidenze delle FARC, l’ELN se non si aggiunge al processo”, e senza dubbio, i movimenti sociali. 

In pratica, i pochi mesi trascorsi dalla firma degli accordi dell’Avana si sono caratterizzati da un aumento della criminalizzazione della protesta in Colombia, una persecuzione legale ed illegale dei dirigenti e delle dirigenti popolari, dei difensori e delle difensore dei DD.UU., dei dirigenti sindacali, tra gli altri, che in molti casi è finita con il loro assassinio. “Nel post-accordo non ci fermeremo, non dormiremo”.

L’esercito colombiano fa chiarezza, in tutti i suoi documenti pubblici, su questa dottrina, di non credere ai cosiddetti accordi di pace. Non li vede come il frutto di un negoziato politico nel quale è stata riconosciuta la belligeranza di un’organizzazione guerrigliera di più di 60 anni e di alcuni movimenti sociali che sono riusciti a far parte di quello. Per l’esercito colombiano la firma degli accordi non fu altro che il frutto della propria vittoria militare sulle FARC-EP. Anche se con quello contraddicono gli argomenti che resero l’attuale presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, meritevole dello svalutato Premio Nobel della Pace.

Evolversi per essere allineati alla NATO

Dopo una valutazione della sua precedente dottrina, l’esercito colombiano, secondo quanto dichiarano i suoi rappresentanti, concluse che uno dei suoi problemi era di non essersi evoluto alla pari degli eserciti allineati alla dottrina NATO. Per cui si propose di attualizzarsi a partire dall’anno 2012 con quegli standard internazionali. Fare incetta di quello che definisce come una “grande esperienza di più di 60 anni di guerriglia irregolare” per raggiungere un’operatività multinazionale.

Questa attualizzazione implica che unificherà con la NATO i suoi termini e simboli, e aumenterà la capacità operativa con equipaggiamenti che siano al livello dei paesi vicini. Secondo quanto si dichiara nei video promozionali, questa nuova dottrina si propone quattro tipi di operazioni: offensive, difensive, di stabilità e di appoggio all’autorità civile per integrare “le proprie azioni con associati dell’azione unificata, congiunta, di cooperazione e multinazionale” per insegnare ai militari colombiani ad utilizzare termini e simboli che permettano la interoperatività “il cui fine è che l’esercito conduca operazioni militari unificate (OTU) dentro il paese e a livello regionale e mondiale”.

Un altro allarme che si accende è il riferimento che i generali della Colombia fanno in questi documenti sulla possibile attività del Daesh in America Latina. La domanda capziosa è se si tratti di un timore, un annuncio, una minaccia o una confessione anticipata.

Un esercito al servizio di chi

Con il discorso di sempre di coloro che propugnano questo nuovo piano, vogliono disarmare qualsiasi analisi critica attraverso la tradizionale apparenza della neutralità, dell’obiettività e della tanto palpeggiata scienza. “Questa dottrina non è politica. Niente di Nord contro Sud, Oriente contro Occidente o Comunismo contro Capitalismo. È solo militare”.

Già dal 1982 l’esercito colombiano è presente nella penisola del Sinai come parte di un esercito “di pace”. Questa medesima nozione di “pace”, che ha dato il Premio Nobel ad Obama e a Santos, ora concepisce “l’esercito del futuro”. Il maggiore esperto latinoamericano in guerra asimmetrica si prepara a missioni fuori della Colombia, nel continente americano o in altre latitudini, con azioni di cooperazione e multinazionali. Le aspirazioni internazionali della Dottrina Damasco collocano l’esercito della Colombia al limite della trasformazione in un esercito mercenario.

La nuova dottrina militare dell’Esercito Nazionale della Colombia si è data un tempo limite di quattro anni per la formazione di tutta la sua truppa, questi quattro anni si compiono nell’anno 2020, come dire in qualcosa di più di due anni dopo la pubblicazione di questo articolo. Questo ci riporta alla domanda iniziale di Britto García, ma ora con nuovi argomenti: Che succederà quando, concluso questo lasso di tempo, il governo colombiano considererà che tutta la sua forza si è adeguata alla nuova dottrina e sarà pronta ad agire? C’è il Venezuela nel mirino?

16 giugno 2020

Blog di María Fernanda Barreto

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
María Fernanda Barreto, “Damasco en Nuestra América” pubblicato il 16/06/2020 in Blog di María Fernanda Barreto, su [https://mariafernandabarreto.wordpress.com] ultimo accesso 20-06-2020

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