Figli degli uomini


Paco Gómez Nadal

L’immaginazione di Cuarón e di P.D. James non è riuscita a dire tutto. La Carovana dei Migranti che serpeggia per il Messico è un sintomo, non il problema.

Che fa sì che migliaia di persone cerchino il rifugio della massa per cercare di raggiungere un sogno così distopico come quello statunitense. Per noi che conosciamo i loro luoghi di origine (Honduras, specialmente, ma anche El Salvador, Guatemala, Nicaragua o lo stesso Messico) non ci sembra strano che si cammini e ci si giochi la vita pur di fuggire dall’orrore quotidiano, dalla prigione dell’esclusione, dalla condanna del violento narcopatriarcato, dalla quotidiana umiliazione a cui sottopone la mafiocrazia, dall’essere mano d’opera vana in cambio del nulla…

Seguo la Carovana dei Migranti che serpeggia cercando di giungere a Juchitán, ancora a circa 2.000 chilometri dalla frontiera con l’utopia distopica, con un profondo dolore al petto, con la medesima sensazione di fallimento collettivo con la quale certifico l’affondamento delle carrette del mare della vergogna nel Mediterraneo o con la quale constato come gli stati che si autodefiniscono democratici scambiano bombe con diritti umani a favore dello “sviluppo” economico di noi “ingenui” che viviamo da questo lato delle valli fisiche e politiche.

Penso, quando vedo quei 6 o 7.000 non umani (Fanon dixit), nella pellicola distopica “Hijos de los hombres” (Figli degli uomini), in quelle colonne di persone che cercano di entrare in una Londra recintata e vigilata da migliaia di militari -i medesimi, forse, che Trump ha mandato alla frontiera- mentre fuori, nella terra dei nessuno, bande di tipi armati -gli Zeta, forse- fanno rapina dei loro corpi e delle loro speranze. Cuarón non è riuscito a dire tutto portando il romanzo della grande P.D. James al cinema. O forse si stava solo anticipando di un decennio quello che sarebbe accaduto.

Ma penso anche a noi, poveri beneficiari poveri del saccheggio di questo brutale tardo capitalismo. Penso al nostro silenzio, alle nostre reti sociali che ardono di indifferenza, alle nostre conversazioni su quanto caro sia tutto o sull’ultima imbecillità fascistoide di Casado. Penso che Fanon definì molto bene le zone in cui abitano gli esseri umani e quelle in cui sopravvivono i non umani. O penso -perché ho la testa come una centrifuga- ad Angosta, il romanzo distopico di Héctor Abad Faciolince e al suo mondo in alto, dove la zona dei confort di alcuni è protetta dalle molestie dei nessuno dai Caschi Azzurri che paghiamo tutti.

La Carovana di Migranti sta facendo il terribile percorso tra la zona del non essere e quella dell’essere e si suoi membri credono, ingenuamente, che riuscendo a passare la frontiera avranno il diritto di passaggio; quando la triste realtà è che quelle zone non sono geografiche ma sono composte da una complessa lega di razzismo, classismo e potere. Penso… e pensare non serve ad una merda.

La Carovana ha già abbandonato il solidale stato del Chiapas e come salirà verso il nord andrà incontro ad un’ondata di disprezzo umano che si aggiungerà alla persecuzione poliziesca e alle menzogne patetiche del patetico Governo messicano (quello che non cambierà quando cambierà il presidente). E credo che sia ora di unirci a migliaia -se non è possibile in forma fisica- a questa carovana e a denunciare, raccontare, proteggere e a darci da fare per questi nessuno che siamo noi, per quei noi nei quali dovremmo riconoscerci.

Frantz Fanon sapeva che non tutti eravamo “figli degli uomini” e che in questa distribuzione geopolitica imperiale dei ruoli, ai nessuno del sud globale gli era toccato gestire la propria esistenza in un contesto di violenze incrociate. Non ci sono diritti umani per coloro che non sono umani, non c’è dolore per quelli la cui morte -né la cui sofferenza- non conta nulla (gli homo sacer di Agamben), non c’è nemmeno speranza per i “figli degli uomini” incapaci di rompere la frontiera dai nord che abitiamo. Tutte, tutte le frontiere.

L’immaginazione non basta a raccogliere questa realtà, cazzo!

30-10-2018

El Salto

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Paco Gómez Nadal, Hijos de los hombres” pubblicato il 30/10/2018 in El Salto, su [https://www.elsaltodiario.com/descentradas/hijos-de-los-hombres] ultimo accesso 07-11-2018.

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