Media, reti sociali e sparizioni forzate in democrazia


Rapporto presentato a Montevideo da lavaca.org nell’ultima udienza della Corte Interamericana dei Diritti Umani.

L’avvocata della famiglia Maldonado, Verónica Heredia, ha consegnato alla CIDH questo rapporto realizzato da “lavaca” che analizza la relazione tra concentrazione mediatica, gli attacchi di “fabbriche dei troll” e le scomparse forzate in democrazia, a partire da due casi emblematici: i 43 scomparsi di Ayotzinapa in Messico e Santiago Maldonado in Argentina. Pubblichiamo oggi la prima parte del rapporto e nei prossimi giorni i suoi allegati, con tutta la documentazione, che sarà disponibile, con libero accesso, per facilitare altre analisi di un materiale chiave per comprendere le sfide comunicazionali di questa epoca.

Il comportamento dei mezzi di comunicazione di fronte alle sparizioni forzate avvenute in America Latina è stato diversamente analizzato nel contesto delle dittature militari. Il Caso Maldonado ci espone e ci impegna ad analizzarlo in contesti più complessi, come sono gli stati democratici, e l’impatto delle nuove tecnologie sociali nella diffusione dell’informazione. Quale è il ruolo dei media concentrati e le fabbriche dei troll in questa battaglia contro l’impunità del maggiore crimine di stato. Quali sono le domande che ci impone un caso manipolato da operazioni di stampa e attacchi virtuali alla dignità delle persone che reclamano verità e giustizia. Alcune ipotesi per cominciare a costruire risposte urgenti, necessarie e determinanti per il futuro delle nostre società.

Le lezioni di Ayotzinapa

Abbiamo come precedente una tremenda esperienza: quella del Messico, con 30 mila sparizioni forzate e centinaia di giornalisti assassinati. In quel drammatico specchio possiamo trovare le ombre che turbano ora, in modo incipiente ma inquietante, in Argentina e nel caso Maldonado.

L’esempio più chiaro è relativo alla scomparsa dei 43 normalisti di Ayotzinapa, avvenuta nella notte del 26 settembre 2014. Quelle scomparse furono perpetrate in un sinistro scenario per l’esercizio della stampa: la brutale concentrazione mediatica e l’uccisione di giornalisti, che in quel periodo provocava una media di 10 assassinii l’anno con un totale di 90 uccisioni di donne e uomini della stampa. E che da allora non ha finito di crescere.

In quello scenario di morte e di concentrazione mediatica, che lascia una società senza possibilità di generare informazione indipendente, le reti sociali virtuali si convertono in un opportuno strumento per esprimere l’indignazione sociale. Un esempio è stato l’hashtag #YaMeCansé (#OraMiSonoStancato) che per 26 giorni si è convertito in tendenza mondiale chiedendo l’apparizione in vita dei 43 studenti. Oggi sappiamo che l’informatico Andrés Sepúlveda -condannato nel 2015 a 10 anni di carcere per aver spiato le conversazioni di pace tra il governo colombiano e le FARC- confessò di aver gestito 30 mila account Twitter destinati a screditare quell’hashtag, a generare tendenze a favore del governo messicano e diffamare le famiglie e le organizzazioni denuncianti [1]. Sappiamo anche che Sepúlveda non fu l’unico che coordinò attacchi destinati a manipolare l’opinione pubblica in relazione alla scomparsa forzata dei 43 studenti. Il 5 dicembre 2014 si registrò che contro l’hashtag #YaMeCansé agirono 75.000 account automatizzati da fabbriche dei troll finanziate dal governo [2]. Amnesty International ha diffuso, inoltre, la testimonianza di una troll pentita che ha confessato di aver guadagnato 2.500 dollari l’ora per gestire 150 indirizzi contro l’hashstag #YaMeCansé [3].

A settembre dello scorso anno, al compimento del terzo anniversario di Ayotzinapa, le fabbriche dei troll lanciarono un altro brutale attacco, con minacce di morte a giornalisti e membri di organizzazioni dei diritti umani. Il messaggio era chiaro: li avvertivano che se si fossero uniti alle mobilitazioni convocate per quel giorno “il loro sangue sarebbe stato versato”. L’hashtag delle minacce era terrificante: #ElPatrónYaDioLaOrden (#IlPadroneHaGiàDatoL’Ordine) [4].

L’esperienza messicana ci avverte che i troll non rappresentano dei meri attacchi virtuali, ma incitano a crimini che si concretizzano. Non li giustificano: li anticipano. E con quella anticipazione, reiterata all’infinito attraverso i troll, stordiscono i meccanismi sociali per prevenirli, impedirli e giudicarli dove e come si deve: la giustizia. Come dire, lo stato.

Allora, avvertiamo ciò che rappresenta un crimine di stato che attiva meccanismi di comunicazione capaci non più di giustificare i suoi propri crimini ma anche di garantire la propria impunità?

Quello è l’interrogativo che ci lascia la lezione di Ayotzinapa.

Le lezioni di Santiago

Lo scenario argentino è ancor più complesso di quello messicano. Dall’ascesa del nuovo governo di Cambiemos tutte le politiche di stato hanno favorito la concentrazione mediatica, ma sussistono ancora dei media autogestiti che, non dipendendo economicamente da anni dallo stato, hanno potuto adattarsi -non senza difficoltà- a questa fase di privilegi per le compagnie mediatiche. Un dato sintetizza la situazione: la normativa ufficiale si concentra su tre gruppi che hanno avuto un ruolo attivo nel caso Maldonado: Clarín, Indalo e La Nación. Le ultime cifre disponibili -che corrispondono ai primi 6 mesi del 2017- danno conto della seguente ripartizione:

Per comprendere la portata di questa diseguale distribuzione del denaro statale, due dati:

  • Le prime 5 compagnie mediatiche privilegiate concentrano il 46,3% delle risorse statali.
  • Mentre i media non commerciali (cooperative e associazioni civili) hanno ricevuto lo 0,4% [5].

Nonostante ciò, fin dalla prima settimana di agosto, sono stati di questo settore i primi media (Cítrica e lavaca.org, ambedue cooperative di giornalisti) che hanno inviato dei professionisti della stampa sul luogo in cui è scomparso Santiago Maldonado. Come dire: i media più “poveri” sono stati gli unici che hanno investito risorse umane e finanziarie per produrre informazione che è stata determinante a mandare all’aria delle operazioni di stampa, imporre il caso nell’agenda mediatica e, anche, portare dei testimoni nella causa.

I media corporativi non hanno fatto riferimento alla scomparsa di Maldonado fino a 3 giorni dopo che era stato presentato l’habeas corpus che la denunciava. E lo hanno fatto in modo indiretto, informando di una manifestazione a El Bolsón che protestava “per un artigiano”.

A partire da quella data, e secondo l’analisi che abbiamo fatto di quanto pubblicato nelle loro edizioni stampate dai quotidiani Clarín e La Nación -che si allega a questo rapporto- la comparazione di quanto editato in ambedue i quotidiani durante i primi due mesi mostra importanti differenze. La Nación ha potuto mantenere, insieme alla diffusione delle disinformazioni ufficiali, una propria linea di indagine. Questa differenza si giustifica con la quantità di favori ottenuti dallo stato da ciascun media? È da notare che la Nación riceve molto meno dallo stato, e questo è evidente negli importi della normativa ufficiale, di più se si tiene conto che è appena una dimostrazione significativamente minore di tutti i privilegi che il governo di Cambiemos ha concesso al Gruppo Clarín. Ma non è meno certo il fatto che nella Nación ci siano stati dei giornalisti che hanno mantenuto un’etica professionale, che per questo stesso fatto sono rimasti esposti a pericoli e contano su molti pochi strumenti per difendersi da quelli.

Per facilitare la comparazione tra quanto pubblicato in ambedue i quotidiani, abbiamo classificato l’informazione in tre categorie specifiche:

  1. Diffusione di operazioni di stampa, tendenti a sviare le direttrici dell’indagine giudiziaria, a manipolare l’opinione di influencers sociali e a coprire responsabilità statali.
  2. Diffondere la parola e la versione di differenti funzionari statali.
  3. Mettere in relazione il caso con la campagna elettorale e a beneficio del partito governativo.

Il dettaglio degli articoli, il loro contenuto e la sincronia con gli avvenimenti sociali -cortei, campagne nelle reti sociali, ecc.- e, specialmente, con i fatti in relazione con le pratiche della causa giudiziaria, parlano da sé stessi, per cui ci limitiamo a raccomandare la lettura di quell’allegato.

Qui mettiamo in evidenza che l’importanza di analizzare quanto pubblicato dalla stampa cartacea è vitale per analizzare un aspetto centrale delle sparizioni forzate in democrazia: non basta più tutto quel potente arsenale per silenziare la potenza sociale che condanna questo crimine di stato. È in quel momento che si attiva l’attacco delle fabbriche dei troll che lavorano nella zona più oscura, con argomenti più astuti, senza la museruola della correzione politica né professionale che, ancora in apparenza, devono rappresentare i media corporativi. Si tratta di attaccare la dignità sociale, personalizzando su un bersaglio tutte le indegnità possibili e impossibili da essere espresse a voce alta e in una democrazia.

Nel caso di Santiago Maldonado, il bersaglio scelto è stato particolarmente suo fratello Sergio, -che si è costituito pubblicamente in portavoce della famiglia- (Sergio e Germán), e in secondo luogo le organizzazioni dei diritti umani, in particolare, tanto quelle nazionali come quelle internazionali, che sono state attivamente presenti in questo caso.

In un altro allegato aggiungiamo l’analisi di alcuni di questi attacchi dei troll, così come una linea di tempo che ricostruisce quando sono stati effettuati. Lì abbiamo identificato tre attacchi dei troll sincronizzati con due obiettivi scoperti:

  • Inondare quella rete sociale con diffamazioni personali, creando un clima di malessere, nervosismo e crudeltà.
  • Inviare con e-mail informazioni false o provenienti dalle operazioni della stampa pubblicata nei media corporativi a giornalisti, programmi della tv e radio e a influencers sociali, inondando così i loro account con campagne dirette a seminare caos informativo.

La campagna dei troll è stata attivata dopo che aveva assunto l’incarico il nuovo giudice che, all’inizio, aveva mostrato che il governo non avrebbe avuto pieno accesso a manovrare la stessa causa, così come aveva fatto impudicamente durante la gestione del giudice Otranto, in modo che il responsabile del collegamento legale del Ministero della Sicurezza si era trasformato in un ponte tra il tribunale e i media, facendo trapelare informazioni parziali.

Media corporativi e reti si sono così trasformati in forme di pressione sulla giustizia attraverso l’intossicazione delle opinione pubblica.

Media e scomparse forzate in democrazia: una complessa e irrisolta sfida

La domanda che ci impongono questi casi analizzati -Ayotzinapa e Maldonado- è urgente, necessaria e preoccupante: che ci rivela questo scenario di media concentrati e fabbriche dei troll?

Dobbiamo realizzare quella risposta.

Alcune ipotesi per cominciare ad abbozzarla:

  • La concentrazione mediatica e l’apparizione di nuove tecnologie di diffusione hanno creato una nuova mappa di audience. Non c’è più un luogo dove “abbindolare” l’opinione pubblica, ma molteplici scenari e tutti in costante fuga e riformulazione.
  • Questa dispersione e molteplicità, obbliga il potere a sviluppare differenti strategie di manipolazione dell’opinione pubblica. Da un lato, i quotidiani stampati continuano a compiere il ruolo di imporre un’agenda in ambiti politici e di presa di decisioni. D’altro, in differenti reti virtuali, nelle quali si distribuisce il pubblico chiave a sostenere l’appoggio sociale di cui hanno bisogno questi casi per creare crepe nell’impunità dello stato, si iniettano campagne “sporche” e false informazioni.
  • Secondo il Digital News Report del 2017, in 36 paesi rilevati le reti sono le principali fonti d’accesso all’informazione tra i giovani dai 18 ai 24 anni [6]. Un lavoro dei ricercatori argentini Eugenia Mitchelstein, Pablo Boczkowski e Mora Matassi, spiega che le reti sociali si impongono come seconda opzione preferita di raccolta di notizie (58 per cento) tra i giovani dai 18 ai 29 anni, così come i siti web (41,9 per cento). Questo è il segmento sociale che impone delle tendenze, avvertono. Anche chi partecipa attivamente e creativamente alla battaglia sociale contro l’impunità dei crimini di stato.
  • Operazioni di stampa e attacchi dei troll fanno parte dell’arsenale che viene scagliato dal potere per turbare il tessuto sociale, per stordirlo, confonderlo e traumatizzarlo, in modo tale da rompere il legame solidale necessario a sostenere la battaglia contro l’impunità statale che rappresenta ogni sparizione forzata.
  • Non si tratta di un modo di operare ornamentale, ma centrale, necessario e che si sta rivelando come pianificato e modellato, ripetendosi in modo quasi identico in differenti paesi, casi e circostanze.
  • La centralità di questo modo di operare dimostra attualmente, niente meno, che una scomparsa forzata in democrazia comporta che lo stato utilizzi queste tecniche per produrre nell’opinione pubblica un effetto che non è più di mera adesione o di neutralizzazione del rifiuto, ma un trauma.
  • Ora una sparizione forzata in democrazia comporta che lo stato attivi una procedura comunicazionale di shock perché non può ignorare il fattore “opinione pubblica” come si può fare in una dittatura militare. Qualcosa che ha a che fare con quella e, secondo quanto si evidenzia in questi casi, ciò che fa attenta al ruolo che ha l’opinione pubblica nella vita democratica. Secondo le parole di Noelle-Neumann è una forma contemporanea della Spirale del Silenzio: non si tratta più di quella paura di essere castigato per non pensare come la maggioranza, ma di perdere il parametro di cosa sia quella “maggioranza” [7]. Scardinarla, affinché quella nozione di opinione pubblica perda forza e fiducia. Contaminare quanto è comune, sociale, isolare gli individui, comporta il pericolo che ha descritto Giovanni Sartori: “il governante che governa sé stesso”.

Come prevenire che lo stato agisca contro l’opinione pubblica di fronte ad una denuncia di sparizione forzata?

Come indagare che ha fatto lo stato e come lo ha fatto quando ci sono indizi che se ne è prodotta una?

Come non lasciare impunito questo attacco all’opinione pubblica, uno dei pilastri fondamentali della vita democratica?

Sono le sfide a cui ci tocca rispondere in mezzo ad un crimine brutale e traumatico, come lo è una sparizione forzata in democrazia, che richiede tante risposte, tutte urgenti, tutte necessarie e tutte determinanti per il futuro delle nostre società.

[1] http://www.apertura.com/economia/Como-hacer-politica-en-epoca-de-trolls-20170918-0001.html

[2] https://www.vice.com/es_mx/article/8qdz7b/trolls-bots-y-legiones-la-guerra-por-el-internet-en-mexico

[3] http://m.aristeguinoticias.com/2401/mexico/como-las-redes-organizadas-de-trols-atacan-y-hostigan-a-periodistas-y-activistas-en-mexico/

[4] http://m.aristeguinoticias.com/2401/mexico/como-las-redes-organizadas-de-trols-atacan-y-hostigan-a-periodistas-y-activistas-en-mexico/

[5] http://revistafibra.info/publicidad-oficial-2017-concentrada-y-en-aumento/

[6] http://www.apertura.com/economia/Como-hacer-politica-en-epoca-de-trolls-20170918-0001.htm

[7] http://www.razonypalabra.org.mx/anteriores/n18/18omportillo.html

28/10/2017

lavaca

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Medios, redes sociales y desapariciones forzadas en democracia” pubblicato il 28-10-2017 in lavacasu [http://www.lavaca.org/notas/medios-redes-sociales-y-desapariciones-forzadas-en-democracia/] ultimo accesso 04-11-2017.

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