Dentro l’inganno: Il Magdalena Medio e la Banca Mondiale


A proposito del libro En medio del Magdalena Medio di Alfredo Molano

Gearóid Ó Loingsigh

Pubblicato nella rivista Cepa Vol. II  No. 11 Julio/Diciembre 2010

La recente pubblicazione del libro En Medio del Magdalena Medio, scritto da Alfredo Molano, ci offre l’oppotunità di abbordare di nuovo vari temi che nel paese hanno una certa importanza politica: la concertazione sociale come meccanismo di risoluzione dei conflitti, la palma africana come alternativa per il paese ed il ruolo della Banca Mondiale.

Molano ha un atteggiamento molto favorevole verso la palma africana e la Banca Mondiale, cosa che può sorprendere più di un lettore delle sue colonne nell’El Espectador e, senza alcuna sorpresa, crede fermamente nella concertazione sociale come meccanismo di sviluppo. Qui cercherò di abbordare le questioni politiche e di non fare una critica giornalistica del libro come tale, anche se di qualche argomento di questo sarà inevitabile. Nonostante ciò, è necesario dire che il libro è pieno di imprecisioni ed errori, anche se per questioni di spazio non verranno prese in considerazione in questo scritto.

Nel 1998, più di 10.000 contadini presero Barrancabermeja e la occuparono per 103 giorni. L’Esodo Contadino, come viene chiamato, è stato provocato dal non rispetto degli accordi firmati nel 1996 con il governo, dalla povertà, dall’abbandono statale e dalla violenza esercitata contro le comunità del Sur del Bolívar e del Valle del Río Cimitarra. Questa era una violenza generalizzata su tutta la regione. Prima della mobilitazione era stato creato il Tavolo Regionale, costituito dall’Associazione Contadina delle Valle del Río Cimitarra (ACVC) e dall’Associazione Agromineraria del Sur del Bolivar, oggi Federazione Agromineraria del Sur del Bolivar (Fedeagrominisbol). Nel libro commentato ci viene presentato una diverso punto di vista, giacché ci viene detto che il punto centrale della “discussione fu la totale vigenza dei diritti umani, soprattutto la difesa della vita degli abitanti della Valle del Cimitarra”. La realtà è che si trattava della difesa della vita degli abitanti della Valle del Cimitarra e del Sur del Bolívar nel loro insieme ed, inoltre, di tutta una serie di richieste sociali ed economiche. Tanto che dei portavoce del Tavolo, tre erano dell’associazione agromineraria, tra cui lo scomparso dirigente Edgar Quiroga, e tre erano dell’ACVC, tra loro Libardo Traslaviña, che si trova in esilio. Molano continua ad informarci che “in questo tavolo giocarono un ruolo straodinario CREDHOS, OFP y PDPMM”, ignorando il ruolo straodinario delle due organizzazioni sociali della regione, per elogiare organizzazioni che non facevano parte del Tavolo ma che accompagnarono l’Esodo. 

La confusione continua. Quindi Molano parla delle mobilitazioni del 98 fatte da coloro che lui chiama minatori (in realtà contadini e piccoli minatori riuniti nell’Associazione Agromineraria). In nessun momento è chiaro che queste mobilitazioni fanno parte dell’Esodo e non sono qualcosa di diverso. Sembra che Molano non consideri per niente l’Associazione Agromineraria. Il suo disprezzo e lo stravolgimento del suo ruolo è rappresentato dalla seguente citazione: “Il Governo rifiutò la protezione agli scopritori e minatori originari, mentre l’ELN li appoggiò e subito li sostenne. Il conflitto fu così avviato e spiegherebbe buona parte delle mobilitazioni popolari”. Molano non si azzarda a mettere nome e cognome ai minatori sostenuti dall’ELN, però così i minatori e le loro lotte vengono segnalati solo come il risultato del sostegno dell’ELN ed del suo impegno nel sostenere i minatori. Se José Obdulio avesse fatto una simile dichiarazione, Molano sicuramente avrebbe dedicato una colonna dell’El Espectador ai suoi strilli ed alle sue segnalazioni pericolose. Qui è lui che le fa, non sappiamo per quali ragioni.

È curioso che Molano travisi la storia dell’Esodo e segnali alcuni senza dirci nulla circa il contenuto degli accordi firmati dopo l’Esodo e del Piano Integrale, frutto di quelle mobilitazioni. Questo lo fa a proposito, non si può citare il Piano Integrale e sua volta elogiare il PDPMM (Piano di Sviluppo e Pace del Magdanena Medio) e la Banca Mondiale. Riguardo all’economia, il Piano Integrale dice che:

“Si decise di riconoscere che tutte le problematiche si trattano come diritti e non come semplici necessità insoddisfatte, avendo chiaro che i diritti politici, economici, sociali e culturali (DESC) sono veri diritti consacrati nei trattati internazionali sui diritti umani e nella costituzione politica, pertanto esigibili e richiedibili con un giudizio.”1

Detto in un altro modo, i movimenti sociali non stavano cercando elemosine della Banca Mondiale né l’opera caritativa dei preti, ma rivendicavano i propri diritti come tali. La spaccatura tra questo ed il discorso del PDPMM e di Molano è gigantesca. Il documento è pieno di riferimenti negativi sulla palma africana ed sulla globalizzazione. Ad aprile del 2002 intervistai Francisco De Roux, direttore del PDPMM. Erano altri tempi, non ero prevenuto sul tema ed sul vero punto di vista del PDPMM, e pertanto enunciò la seguente perla:

“Il contadino deve associarsi ai grandi processi che fanno sì che la terra del Magdalena Media sia interessante per i grandi investimenti di denaro. E questi progetti sono i progetti di prodotti tropicali permanenti. Se il contadino non entra in questi il contadino se ne andrà dalla regione”2

Lasciamo da parte la pubblicità, le foto di contadini sorridenti, gli imbrogli, le falsificazioni e le manipolazioni delle cifre. L’atteggiamento della Banca Mondiale è questo e così lo manifesta De Roux: il suo scopo è associare il contadino al grande capitale. In questo contesto, parlare di Palma Campesina sembra una brutta barzelletta. Però nel suo desiderio di approvare il PDPMM Molano non considera la realtà. Da parte sua non c’è niente di nuovo. Nel 2002 scrisse un documento interno per il coordinamento europeo delle ONG religiose OIDACHO dove afferma che le critiche alla palma espresse nel libro La strategia integrale del paramilitarismo nel Magdalena Medio non hanno fondamento. Cordaid, l’ente che finanziò lo studio di Molano, cercava qualcuno “neutrale”, però Molano non è stato mai neutrale di fronte alla palma e alla Banca Mondiale. Ciò che è successo è che finora non si era fatto conoscere pubblicamente. Congratulazioni, Signor Molano!

La Proposta del PDPMM

Allora, che c’è nella proposta del PDPMM e della BM? Secondo il PDPMM è qualcosa di nuovo che offre un’alternativa economica ai contadini ed una nuova forma di costruire il Magdalena Medio o, come dice Molano, di sottrarre gente alla guerra mediante progetti produttivi. La proposta è molto più che una questione economica, è una questione di concertazione sociale tra i contadini, il governo nazionale ed il capitale straniero.

La prima cosa che possiamo dire rispetto a questa proposta è che non c’è niente di nuovo. La proposta è abbastanza vecchia e nemmeno colombiana. È un’idea copiata dall’Asia. La Malesia, attualmente, è il principale paese palmicultore del mondo, tanto in termini di produzione che in ettari seminati. Non sempre è stato così. La crisi economica della Malesia e la coltivazione della gomma negli anni 50 portò, sotto la direzione della BM, ad un lieve cambiamento nella strategia agricola del paese. Non sarebbe più dipesa dalla gomma, ma dalla gomma, dalla palma e da altre monocoltivazioni. Nel 1956 il governo avviò un programma per abbattere la selva e le postazioni guerrigliere che c’erano in quella, rimpiazzandole con la palma africana. L’ente incaricato di ciò era l’Autorità Federale per la Distribuzione delle Terre (FELDA), qualcosa di simile ad un miscuglio dell’antico INCORA e FINAGRO in Colombia, non solo promuoveva diverse coltivazioni ma portò a termine una riforma agraria espandendo la frontiera agricola, abbattendo la selva, e consegnando la terra ai coloni. Nei progetti del FELDA, i contadini ricevevano una certa quantità di ettari (attualmente in media 8 ettari) e sussidi dallo Stato. Essi si associavano per vendere i propri prodotti ad imprese e così veniva garantita una entrata. FELDA ha anche una Azienda Campesina, anche se la chiamano giardino dei commestibili. Poco a poco si diffuse la coltivazione della palma fino al punto che oggi FELDA ha 811.140 ettari di terre agricole. Circa 722.946 ettari di queste sono seminate a palma africana, ossia l’84%. Ciò è il doppio di tutta la palma africana in Colombia! E, nonostante ciò, c’è chi vuol parlare di Palma Campesina.

Allo stesso che tempo il goveno malese ne promuoveva la coltivazione tra i piccoli produttori, in programmi come FELDA (ci sono per lo meno più di due programmi), ne favoriva la coltivazione anche tra i grandi produttori, così che oggi, ci sono in Malesia più di 4 milioni di ettari di palma, che occupa il 65% delle terre agricole del paese. È simile il caso della Colombia. Mentre le ONG, come il PDPMM , e le grandi agenzie di cooperazione che fanno parte di OIDHACO, come OXFAM, Christian Aid, Secours Catholique (Caritas Francia), magnificano i benefici della, non chiamata correttamente, Palma Campesina, il governo ne stimola la coltivazione tra i grandi proprietari terrieri. Tanto che nel 2008, secondo l’Annuario Statistico di Fedepalma, FINAGRO concesse crediti per un valore di 141.393 milioni di pesos, 92,2% dei quali erano desinati a nuove semine di palma. I piccoli e medi produttori ottennero il 13,5% di quei crediti e i grandi l’86,5%. I coltivatori di palma colombiani, come i loro omologhi malesi, pensano in grande scala. L’intenzione di Fedepalma è di arrivare per il 2020 a circa 800.000 ettari, però ci sono accademici, come María Aguilera (che Molano cita favorevolmente), e politici, come Álvaro Uribe, che pubblicamente parlano di seminare in Colombia 3,5 milioni di ettari di palma, cuando la totalità delle terre coltivate è poco più di 4 milioni di ettari.

Ci sono altri aspetti che neppure sono nuovi. Per il PDPMM la funzione della BM è un segnale del suo impegno con la società civile, e per Molano la BM, il governo del Giappone e l’Unione Europea proteggono i contadini. Si cerca di dare l’impressione che, alla fine degli anni novanta, la BM ebbe una rivelazione, una apparizione, come direbbero i preti che dirigono il PDPMM. Sì, ebbero una rivelazione: alla fine avevano trovato preti e sociologi che facessero il lavoro sporco della BM, poiché questa e la UE non sono principianti nell’industria della palma. Bisogna ricordare che alla fine dei 60 i  principali finanziatori delle nuove piantagioni erano la Banca Mondiale, il Fondo Europeo di Cooperazione e l’ente francese Fondo di Aiuto e Cooperazione.3 Anche se dobbiamo ringraziare Molano ed il PDPMM, per molti anni De Roux negava qualsiasi nesso con la BM, nonostante che l’abbondante documentazione ufficiale nella pagina web della Banca affermi il contrario.

La questione della dimensione dell’azienda agricola e la totalità delle terre seminate a palma sono state sempre presentate come una difesa. Secondo De Roux, i loro progetti non sono neoliberali perché sono seminati solo 10 ettari per contadino (due più che in Malesia), di poderi la cui estensione non suole superare i 30 ettari ed, inoltre, loro promuovono gli orti (i “giardini di commestibili” della Malesia). La dimensione del seminato non è la prova di nulla. In Malesia sono 8 ettari, in Indonesia da uno a due ettari, secondo una relazione pubblicata da Cordaid confrontando le coltivazioni del Chocó con quelle dell’Indonesia.4 In Indonesia, inoltre, si parla di avere per il 2025 semine di 11,2 milioni di ettari.5 Il vincolo del contadino ai circuiti economici internazionali, come un bracciante nella propria terra (qualcosa che Molano ha denunciato in altri scritti), è, ciò che è fondamentale, il cambiamento della vocazione agricola della terra, poiché dove prima si facevano coltivazioni per l’autoconsumo, oggi si coltiva per i mercati esteri la palma, la gomma ed il cacao.

Dato che la BM finanzia molti piccoli progetti, la dimensione della semina non ci dice nulla circa il progetto. Però, non è questo il caso, allorché si tratta solo della BM, ma di imprese private. L’espansione delle coltivazioni della palma, attraverso l’alleanza con i contadini, è la strategia delle stesse imprese produttrici di palma, come Indupalma nel Sur del Cesar. Indupalma è una delle imprese produttrici di palma più grandi del paese. È una leader nel settore ed è l’impresa che organizzò l’Alleanza Strategica e le Cooperative Associate di Lavoro. Nel settore della palma ambedue datano dal 1995 quando Indupalma propose al sindacato Sintrainudpalma di fare alleanze e cooperative. Il sindacato si rifiutò e, in piena contrattazione, i paramilitari assasinarono 4 dei suoi dirigenti e ne fecero sparire altri. Così nacquero. Questa impresa, è una grande promotrice di Palma Campesina. Attualmente l’impresa ha, secondo la rivista Portafolio, 10.500 ettari propri ed oltre 12.000, lavorati da contadini, ossia, il doppio di quelli che hanno i contadini vincolati al PDPMM. Questo non è per nulla sorprendente, poiché da vari decenni questa è una delle principali strategie per espandere la coltivazione. Tutto il mondo promuove la, così erroneamente chiamata, Palma Campesina, il PDPMM, il BM, Indupalma ed anche Fedepalma, l’idea non è colombiana, nè dei preti, ma della BM e dei governi della Malesia e dell’Indonesia, tra gli altri.

L’altro argomento è in relazione all’estensione delle coltivazioni del PDPMM. Molano ci dice che il programma ha appena “6.000 ettari di palma rispetto ai più di 300.000 che ci sono nel Magdalena Medio. Come dire il 2%”. Una volta di più ci imbattiamo nella mancanza di rigore di Molano. Secondo l’Annuario Statistico 2009 di Fedepalma ci sono 336.956 ettari di palma in tutto il paese e di questi 87.525 corrispondono a ciò che Fedepalma chiama la zona centrale, come dire, il Sur del Cesar, Sur del Bolivar, Santander e Norte di Santander. Una gran parte di questo appartiene alle grandi coltivazioni di Puerto Wilches e di Indupalma. Anche se la percentuale è più alta di quello che ci dice Molano, non si tratta di una lite sulla percentuale che in una determinata regione appartiene al PDPMM.

Quando il PDPMM entrò nella zona per lavorare sulla questione della palma, cominciò un lavoro ideologico tra i contadini per convincerli della bontà della coltivazione e del modello di produzione, come bene mostra il Piano Integrale che abbiamo menzionato prima, i contadini non vedevano nella palma una via di uscita e si opponevano frontalmente a questa coltivazione. Grazie ad una campagna ideologica riuscì a convincere molti contadini, però la portata del suo lavoro va più in là dei contadini che associano. Con un modello, simile al Programma MIDAS dell’USAID, attualmente ha 52.875 ettari di palma. Secondo l’USAID, tra le diverse regioni del paese, 7.335 ettari sono nel Sur del Bolivar, 7.672 nel Sur del Cesar e 9.375 nel Santander.6  Non si può osservare l’argomento del PDPMM isolato da ciò che avviene nel resto del paese. Il programma è un’importante componente di una iniziativa molto più grande del PDPMM, di De Roux e del Magdalena Medio. Se la dimensione dei poderi e l’estensione totale dei seminati fossero importanti, nel momento di valutare il ruolo neoliberale dei progetti si potrebbe elogiare la totalità delle semine di palma in Colombia, includendo quelle dell’Urabà, con l’argomento che la Colombia rappresenta appena l’1,9% della produzione mondiale di olio di palma rispetto a circa l’85% della Malesia e dell’Indonesia. Chiaro, nessuno accetterebbe a prima vista un tale paragone, però ciò non impedisce che tanto Molano che il PDPMM utilizzino un simile argomento nei confronti delle coltivazioni del programma. Per De Roux si tratta di “un prodotto agroindustriale sostenibile a lungo termine condotto dai contadini” e non viene fatto sotto forma di piantagione. “Bisogna farlo in piccoli poderi”. De Roux dice che il problema con la palma non è la coltivazione ma il modello. Ha ragione, però il modello del programma è lo stesso dell’industria mondiale della palma, dove a livello mondiale uno trova coltivazioni in piccoli poderi e dove c’è una grande espansione delle piccole coltivazioni, sempre vincolate al grande capitale, e questi investimenti rendono attraenti ai grandi investitori le terre del Magdalena Medio. Come, inoltre, ha riconosciuto De Roux nella presentazione del libro che commentiamo, si tratta del modello e questo modello viene applicato ad altre coltivazioni come quella della gomma e del cacao, nei poderi contadini ci sono in produzione circa 50.000 ettari di palma, gomma e cacao. I tre grandi per l’esportazione della Apuesta Exportadora (Scommessa sulle Esportazioni) indicata alcuni anni fa dall’ex ministro per l’Agricoltura, Andrés Felipe Arias. Si tratta di porre la terra colombiana al servizio dei mercati e dei capitali stranieri. Non si tratta di quantità di ettari sul totale ma del modello e di tutto ciò che comporta.

Molano ci assicura che la Palma Campesina “per prima cosa compie una funzione fondamentale: bloccare l’immagine che le ONG nazionali e straniere e la sinistra colombiana hanno fissato circa la coltivazione della palma: un’attività economica di tipo estrattivo, che depreda il medio ambiente, che allontana contadini e coloni, e sfruttata la mano d’opera”. Di cosa parla Molano? Forse dell’autore dei seguenti commenti:

“Un giorno si vedrà che tale progetto (la palma) aveva, come ha, due segreti gemelli: il narcotraffico che portava i dollari e i paramilitari che rappresentavano – per usare il linguaggio accademico di moda – l’autorità e la forza della legge. Su queste basi è stato posto in moto il progetto dei biocombustibili, inquadrato in una politica petrolifera che è consistita nella progressiva privatizzazione di Ecopetrol, il cui presupposto è stato il debilitamento a fucilate dell’Unione Sindacale Operaia (USO) e che ha avuto a sua volta come requisito la liquidazione a sangue e fuoco delle sue basi sociali.”

 

“L’occupazione di Barranca da parte dei paramilitari tra il 1998 ed il 2002 è ancora forte. Oggi Ecopetrol, su tali basi storiche, progetta una macropolitica bioenergetica che include la costruzione di un gigantesco impianto di trasformazione del corozo della palma in combustibile. Non credo che una simile strategia sia stata ideata da un gruppo in un ufficio. Forse è stata piuttosto la convergenza di risultati ed ‘effetti positivi’, molto improvvisati ed alcuni perfino in buona fede.”7

Chi ha avuto il coraggio di fare una simile accusa contro la palma? Né più né meno che Alfredo Molano in un altro dei suoi scritti. Questo indicherebbe che, apparentemente, Molano fa un doppio discorso: uno per l’ampio pubblico che legge le sue colonne di stampa ed un altro privato per i ristretti circoli delle ONG europee.

Il lavoro ideologico non si è limitato a convincere i contadini circa la coltivazione o altro, ma sul suo ruolo nella società ed il modo di risolvere i suoi conflitti. Il modello proposto dal PDPMM è molto distinto, per quanto si riferisce all’economico, dalla proposta del Tavolo Regionale contenuta nel Piano Integrale. La raffica di omicidi, di processi e di sparizioni di dirigenti dopo l’Esodo Campesino ha debilitato la capacità delle organizzazioni sociali di richiedere l’attuazione di quanto concordato con il governo. Nonostante ciò ha creato anche un ambiente propizio per poter dire ai contadini: Non lottate! Non fate manifestazioni! Non fate occupazioni! Non protestate!, si offre la possibilità di un dialogo tra tutti, dove non ci sono interessi e tutti sono uguali, anche se non vuol dire che i contadini ci fanno sempre caso, ancora contano sulle proprie organizzazioni e il processo non è terminato. In questo senso, la UE ha aiutato a creare Spazi Umanitari dove la comunità dialoga con le autorità e le imprese. Nella visione del PDPMM, le associazioni padronali sono le amiche della classe contadina, nello stesso modo in cui secondo Molano le protegge. La seguente citazione, un poco lunga, spiega la visione che hanno al riguardo De Roux ed il PDPMM.

“La cosa più pericolosa per la classe contadina è il contadino isolato. Un contadino che sta in una frazione, se arrivano i paramilitari e lo attaccano, se ne va e tutti i contadini se ne vanno poiché non sono collegati.”

“Se il contadino è un coltivatore di caucciù o di cacao, sta in una cooperativa ed ha un contratto Forward con le imprese che trattano il prodotto, immediatamente [le imprese] intervengono se i contadini vengono colpiti. Se hanno un credito in una banca privata a giuste condizioni, immediatamente le banche intervengono se i contadini vengono colpiti, perché le banche si rovinano se i contadini se ne vanno. Se hanno una cooperativa per migliorare il lato tecnico e se i tecnici sono della Fedcacao, della Fedecafé e delle Umatas. Se qualcuno tocca uno di questi contadini, il contadino non è solo, ha molti legami. Ci sono interessi politici e sociali che lo appoggiano. Ci sono interessi economici che lo appoggiano.”8

Nell’ideologia del PDPMM, le banche sono le amiche dei popoli e, inoltre, attuano contro i paramilitari! Non so in che mondo succeda questo, però è la visione del PDPMM. Con  questa logica, c’è da supporre che ora, quando l’ex presidente di Fedecafé è il Ministro della Difesa, l’Esercito difenderà i contadini ed eviterà che i paramilitari li uccidano. Nel caso che non attuino in tempo quale sarà la proposta del PDPMM? Il dialogo. Nel 2006, cuando l’Esercito assassinò il dirigente della Fedeagrominisbol, Alexander Uribe, il PDPMM lo descrisse come un omicidio. Non ebbe obbiezioni nel chiamarlo per quel che era, l’omicidio di un dirigente popolare. Nonostante ciò, De Roux accusò i dirigenti del Fedeagrominisbol di mancanza di magnanimità verso i militari dopo il loro rifiuto a riunirsi con i militari. Loro richiesero una riunione con le autorità civili, non con gli assassini del loro dirigente. Però secondo De Roux avrebbero dovuto stringergli la mano.

Da parte sua non è stato un lapsus. È la politica del PDPMM. Secondo le dichiarazioni fatte da De Roux nella “smobilitazione” del Blocco Centrale Bolivar delle AUC “nel complicato problema in cui siamo messi noi colombiani, la giustizia senza perdono è la vendetta senza via di uscita”.9 in questo caso, il suo agire fu più abberrante, il cadavere di Alexander Uribe non era ancora freddo che già De Roux richiedeva che la comunità facesse il primo passo verso il perdono, dando la mano ai boia dell’Esercito. Molano fa eco a questo e ci informa che “sembra certo che ci sia una maggiore predisposizione al perdono dei crimini, commessi da tutte le forze, che alla rappresaglia e all’inerzia della catena della violenza”. Per Molano ed il PDPMM, il perdono a favore del “progresso” è una cosa opportuna, il popolo deve rinunciare ai propri diritti di dichiarare “Né perdono, né oblio! Chi perdona a chi?” e “Che cosa è che stanno perdonando?”  La realtà del Magdalena Medio e del resto del paese è che si esige che il popolo, utilizzando l’eufemismo del “perdono”, dimentichi ciò che ha passato, chi ha fatto ciò e come hanno beneficiato dei propri crimini. I benefici non solo individuali ma collettivi. L’avvio della proposta del PDPMM e della Banca Mondiale è, come già si è detto, il risultato della invisibilizzazione della proposta delle comunità fatta nel Piano Integrale, mediante l’uccisione di centinaia di dirigenti del Sur del Bolivar e del Valle del Rio Cimitarra. E come ci dice Molano nell’El Espectador, la privatizzazione di Ecopetrol è anche il prodotto della violenza.

Paradossalmente, secondo Molano il popolo allo stesso tempo perdona, apprende e osa denunciare i crimini commessi contro di lui. Nella sua visione del mondo questo si deve al PDPMM. “Il tema della pace non era estraneo, nemmeno quello dei diritti umani, però la possibilità di parlarne e, pertanto, di denunciare, in maniera tacita, le migliaia di soprusi e crimini messi sotto silenzio” come la Red 07 della Marina Militare, per nominare un solo caso. Però il tema della denuncia da parte del programma è complicato. Non è così facile che il programma favorisca la denuncia, anche se sono state firmate le denunce e le pubblica nella propria pagina web. Nel 2002 intervistai vari dirigenti popolari per il libro La Estrategia Integral del Paramilitarismo en el Magdalena Medio, e diversi di loro ricordavano Francisco De Roux che argomentava contro il fare denunce. Così, il Colombia Support Network  negli Stati Uniti dovette rompere i  suoi rapporti con il PDPMM dopo aver denunciato nel 2002 la convivenza dei paramilitari con la Forza Pubblica nel municipio di Morales, Sur del Bolivar.

Questo non è stato l’atteggiamento personale di Francisco De Roux, ma del PDPMM come tale. Nel 2005, il dirigente della Fedeagrominisbol, Isidro Alarcón, fu arrestato insieme a due donne (una sua ex compagna e la sua compagna in quel momento) a Micohumado, municipio de Morales. Subito l’ONG Sembrar e la Rete per la Fratellanza e Solidarietà con la Colombia fecero delle azioni immediate. La Fondazione Comitato per la Solidarietà con i Prigionieri Politici (FCSPP) assegnò un avvocato che assumesse il caso. In poco tempo Miriam Villegas, del PDPMM, chiamò Sembrar per ordinargli di non emettere comunicati e di non denunciare il caso, già il PDPMM stava parlando con la Procura, affinché le due donne fossero messe in libertà in cambio dell’accettazione da parte di Isidro dei capi di accusa. Il PDPMM  convinse Isidro a congedare il proprio avvocato del FCSPP e ad accettare un avvocato nominato da loro. Isidro accettò i capi di accusa, come dire, che il suo lavoro di dirigente corrispondeva ad una attività illegale, e non furono più fatte denunce. Il PDPMM optò per la criminalizzazione del lavoro sociale nella regione e per arrivare ad un accordo con lo Stato. Sicuramente, i membri di questo programma diranno che con questo accordo le due donne, madri a capo di una famiglia, non passarono molto tempo detenute, e Isidro ricevette una condanna minore. In confronto, quando organi dello Stato colombiano arrestarono Teofilo Acuña, presidente di Fedeagrominisbol, egli optò per la lotta politica e secondo la legge in 12 giorni uscì libero ed innocente. Sì, certamente a Teofilo gli sarebbe potuto andare molto male, però la sua lotta politica non solo significò il beneficio personale della libertà ma la possibilità di lottare contro le multinazionali minerarie che vogliono appropiarsi del Sur del Bolivar. Che ne sarebbe, oggigiorno, della lotta contro l’Anglogold Ashanti se Teofilo avesse accettato i capi di accusa? Semplicemente, Uribe e le multinazionali direbbero che quella lotta è una atto della guerriglia e niente più, occultando il suo carattere di scontro contro le multinazionali.

In conclusione, l’essenza del progetto del PDPMM, è la concertazione sociale. Nel suo mondo, finanziato dalla BM, non c’è conflitto di classe, nemmeno un conflitto di interessi. Tutto il mondo dialoga in ”uguaglianza” di condizioni e le comunità giungono ad accordi con i propri nemici, i paramilitari, le imprese minerarie, la UE e lo Stato colombiano. La lotta è cosa del passato. Nonostante ciò, tutto questo non è criticato nel recente libro di Alfredo Molano, che alla lunga risulta avallare un programma strategico, che la Banca Mondiale finanzia ed appoggia per mantenere in varie regioni della Colombia il dominio e lo sfruttamento dei contadini.

Note

[1] Mesa Regional (1999) Plan Integral, pág 9.

2 Entrevista con Francisco de Roux abril 2002, Bogotá.

3 Hartley, C.W.S. (1972) The expansion of oil palm plantingp1-15 International Oil Palm Conference, Incorporated Society of Planters.

4 Oosterkamp, J. W. (2006) Palma Africana: comparing Chocó (Colombia) with Kalimantan (Indonesia) www.cordaid.org

5 Ibíd..

6 Presentación de USAID disponible en la página web de Fedepalma.

7 Alfredo Molano, Palma y Petróleo, El Espectador 11 de Abril de 2010 ¿? (Edición Electrónica)

8 Entrevista con De Roux op. cit.

9 De Roux, F. (2006) Pertinentes del Magdalena Medio, marzo 2006 www.pdpmm.org.co pág 1

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da
Gearóid Ó Loingsigh, En Medio del Engaño: El Magdalena Medio y el Banco Mundial – A propósito del libro “En medio del Magdalena Medio” de Alfredo Molano, traducido para Cepa Vol. II  No. 11 Julio/Diciembre 2010 por S.

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