Che ne è stato di Haiti? Una voce da Porto Principe


Fabrizio Lorusso e Romina Vinci

[A poco più di cinque anni e mezzo dal devastante terremoto che fece oltre 250mila vittime a Port-au-Prince, capitale haitiana, presentiamo di seguito un aggiornamento da Haiti, un’intervista, che è anche un estratto dal libro di Romina Vinci e Fabrizio Lorusso La fame di Haiti (End, 2015), a Evel Fanfan”, [1] Avvocato e Direttore Esecutivo di AUMOHD – Difensore dei Diritti Umani e del Lavoro. Proprio in queste ore si sta svolgendo sull’isola il conteggio dei voti del primo turno elettorale, tenutosi l’8 agosto, per il rinnovo delle camere (118 deputati e 20 senatori). Il secondo turno sarà il 25 ottobre, in concomitanza con il voto per scegliere il nuovo presidente che andrà a rilevare Michel Martelly, al governo dal 2011. L’impasse politica ad Haiti, spiegata nell’intervista, durava da oltre un anno e mezzo per cui il parlamento non era stato rinnovato]

Cinque anni dopo il terremoto che ha cambiato la storia di Haiti, come ci puoi descrivere la situazione del paese?

Bene, parlando di com’è la situazione nel paese, cinque anni dopo il terremoto letale del 12 gennaio 2010 che ha distrutto buona parte del territorio haitiano, direi che questa non è cambiata realmente. Ad alcuni sembra addirittura che il sisma ci sia appena stato, come fosse accaduto solo un anno fa e non cinque. Nel paese, nonostante la generosità della gente, dei cittadini e delle organizzazioni di tutto il mondo, il cambiamento non è apprezzabile. Il paese dipende ancora dagli aiuti umanitari. Ci sono ancora macerie in vista e ospedali, scuole, istituzioni statali che ancora attendono di essere ricostruite. Migliaia di persone vivono tuttora in pessime condizioni sanitarie, ambientali e di sicurezza. La nuova città-slum di Canaan è un esempio concreto di quanto dico.

Che ne è stato della ricostruzione e del denaro teoricamente donato dalla comunità internazionale?

Il fatto è che il denaro raccolto per le vittime da persone solidali e dalla comunità internazionale è stato orientato in beneficio degli stessi manager della comunità internazionale. Il 13 ottobre 2014 all’ex presidente statunitense Bill Clinton e all’ex primo ministro haitiano Jean Max Bellerive, copresidente della Commissione ad Interim per la Ricostruzione di Haiti (CIRH), è stato richiesto di rendere pubblici i rapporti sulle loro gestioni dei fondi raccolti e stanziati dalla Commissione durante 18 mesi di amministrazione. Al momento non è stata resa pubblica nessuna relazione e da allora il popolo haitiano, per il quale quei fondi erano stati ottenuti, continua a chiedere spiegazioni sui conti. Moralmente gli haitiani e i donatori devono chiedere chiarezza su questi soldi e si deve prevedere una sessione pubblica per ottenere una chiara e forte relazione sui conti.

Quattro anni fa un’epidemia di colera cominciò a diffondersi, facendo migliaia di vittime. E’ ancora un’emergenza o un problema ad Haiti?

Il colera è stato introdotto ad Haiti dalla missione MINUSTAH dell’ONU, attraverso il battaglione nepalese, i cui escrementi hanno contaminato le acque del più lungo fiume haitiano, in una maniera negligente e sospetta. C’è chi pensa anche a una cospirazione internazionale contro la prima repubblica nera, libera e indipendente al mondo. Numerose ricerche confermano in modo unanime la unica responsabilità dell’ONU nella reintroduzione del colera ad Haiti. Uno studio dell’Università di Yale riporta le conclusioni degli epidemiologi che hanno stabilito una connessione tra i caschi blu nepalesi e lo scoppio dell’epidemia, una delle più grandi della storia moderna. I ricercatori hanno scoperto che il ceppo di questo batterio ad Haiti è lo stesso identificato in Nepal, un paese in cui il colera è endemico.

L’epidemia ha fatto più di 8.330 vittime e ha infettato oltre 680.000 persone. Le Nazioni Unite si sono sempre rifiutate di riconoscere ufficialmente le proprie responsabilità, malgrado tutte le prove apportate da studi nazionali e internazionali. Nel 2013 sono stati registrati oltre 70.000 casi e più di mille infettati sono morti. Nel 2014, secondo certe stime, ci sarebbe stato un incremento nel numero dei casi, oltre il doppio, che farebbe aumentare i contagi a 200.000 e le persone defunte a oltre 2.000. Dunque l’epidemia presenta ancora dei picchi. Sta diventando sempre più una preoccupazione nazionale e internazionale. Il colera è un crimine contro l’umanità e deve essere considerato alla stregua della schiavitù, un programma criminale contro Haiti.

Le Nazioni Unite devono necessariamente prendersi le proprie responsabilità verso la gente di Haiti dal punto di vista morale, economico, sociale e sanitario. Deve anche farsi notare che l’Esperto Indipendente dell’ONU per i diritti umani ad Haiti, il Sig. Michel Forst, ha passato metà del tempo durante il suo incarico a sottolineare come fosse immorale e irresponsabile l’atteggiamento delle autorità delle Nazioni Unite sulla questione del colera sull’isola.

Il parlamento haitiano è stato “sospeso” il 13 gennaio 2015. Si sono sviluppate molte proteste nell’ultimo anno, in parte legate a questa situazione. Ci puoi spiegare cosa è successo? Cosa chiedono i manifestanti che hanno invaso le strade di Haiti in questi mesi?

Di certo la crisi politica peggiora sempre più ad Haiti: il Parlamento è ridotto, i due terzi dei suoi membri sono decaduti e non ci sono elezioni dal 2011. Per comprendere la crisi è necessario per prima cosa osservare e capire quanto previsto dall’articolo 136 della Costituzione, il quale attribuisce certe prerogative al Presidente della Repubblica, in qualità di capo di Stato che ha la responsabilità di far osservare e ubbidire alla Costituzione per garantire la stabilità delle istituzioni. Ha l’obbligo di assicurare l’adeguato funzionamento dei poteri pubblici e la continuità dello stato. In questa situazione d’impasse la responsabilità primaria è sua. Per cui aumentano le proteste di piazza che chiedono le dimissioni del presidente perché non ha adempiuto alle sue responsabilità costituzionali e quindi il paese è ritornato in una situazione anomala, di governo di fatto senza parlamento. Dunque la situazione politica è la seguente: il Parlamento non esiste più, il presidente del Consiglio Superiore della Magistratura s’è dimesso e c’è un nuovo governo che s’è appena insediato de facto e può governare per decreto.

La popolazione chiede il rispetto della Costituzione e delle leggi della repubblica, il rispetto del paese stesso e delle sue istituzioni repubblicane, il rispetto per le eredità culturali, storiche e anche naturali del paese, includendo il mare, il sottosuolo marino e terrestre e i giacimenti minerari. Chiede una chiara separazione delle ricchezze private dalla cosa pubblica (Res Publica), chiede dunque sovranità e la partenza senza condizioni della missione ONU, la MINUSTAH. Chiedono un governo d’unità con una tabella di marcia chiara senza l’interferenza della comunità internazionale. La riqualificazione del sistema giudiziario. Elezioni democratiche libere, oneste e includenti. Chiedono di ridefinire i contratti stipulati irregolarmente tra lo Stato e le compagnie transnazionali. Di condurre indagini contro tutti i funzionari statali che hanno sperperato risorse pubbliche per condurre progetti mai conclusi.

Aristide (ex presidente, esiliato nel 2004 e tornato sull’isola nel 2011) gioca ancora un ruolo nel Partito Lavalas e nelle proteste?

Sì, il partito dell’ex presidente Jean Bertrand Aristide svolge un ruolo importante all’interno dei movimenti di piazza. Ci sono quattro gruppi che stanno riattivando la protesta popolare nelle strade: Pitit Desalinn, Fanmi Lavalas, MOPOD e MONOP Platfom.

Ci puoi parlare del problema dei prigionieri politici e di cosa ha potuto fare AUMOHD al riguardo?

Dall’arrivo al potere del presidente Michel Martelly, molti cittadini sono stati arrestati per le loro convinzioni politiche, sono stati rimossi alcuni funzionari e, per esempio, il caso dei fratelli Josué e Eneld Florestal è emblematico delle violazioni ai diritti umani nel paese. Il primo maggio 2014 sono stati arrestati dodici attivisti politici e sbattuti in prigione. AUMOHD e il suo team di assistenti legali è interevenuta e ha lavorato per la difesa dei detenuti presso l’ufficio del PM. Il 20 maggio sei prigionieri sono stati rilasciati e il 6 giugno sono stati liberati gli altri sei per mancanza di prove.

Il 17 ottobre 2014 diciotto attivisti che stavano partecipando a una manifestazione pacifica sono stati attaccati, umiliati e arrestati da un gruppo di individui con l’uniforme della polizia nazionale haitiana, senza nessun ordine d’arresto né evidenze di flagranza.

Si tratta di militanti stavano manifestando pacificamente insieme ad altri, professionisti, studenti e docenti, e, mentre facevano ritorno alle loro normali attività, sono stati aggrediti dagli agenti della polizia che hanno sgomberato violentemente la zona all’altezza della via Delmas 29 ricorrendo a gas lacrimogeni e manganellate. Il 26 ottobre due leader politici, Rony Thimoté e Biron Spiritually, sono stati arrestati, sempre senza flagranza di reato e senza mandato, durante un atto di protesta che avevano organizzato per chiedere il rispetto della Costituzione e il ripristino della vita democratica ad Haiti.

Questi attivisti, arrestati arbitrariamente al di fuori delle procedure, sono stati giudicati così pericolosi da meritare la conferma dell’arresto in spregio alle loro garanzie individuali. E, ancora peggio, non sono mai comparsi dinnanzi al loro giudice naturale perché decidesse sulla legalità del loro fermo, in violazione dei diritti garantiti dalla Costituzione e gli accordi internazionali sottoscritti da Haiti come la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e la Convenzione Americana sui Diritti Umani.

Dall’arresto del gruppo di 18 attivisti politici, AUMOHD ha lavorato in loro favore in vari modi, agendo presso tutte le autorità giudiziarie competenti e riuscendo a ottenere la loro liberazione nel mesi di novembre 2014, mentre stiamo ancora seguendo il caso di Rony Thimoté e Biron Spiritually.

Come difensore dei diritti umani ad Haiti, quali sono le minacce e i pericoli che hai dovuto affrontare?

Dal 2005 la mia vita, la mia famiglia e lo staff del nostro ufficio di AUMOHD continuano a essere l’obiettivo costante di minacce e intimidazioni fino al punto che nel luglio 2006, in seguito alle richieste di protezione di Amnesty International, dalla Organizzazione Stati Americani e da Front Line International, è stato richiesto al Comando della Polizia Nazionale Haitiana di affidare la nostra sicurezza a un agente di scorta che protegge la sede dell’organizzazione.

Nonostante questa decisione la mia vita e quella della mia famiglia sono sotto costante minaccia. Subiamo intimidazioni da anonimi, arrivano messaggi di testo e chiamate telefoniche da sconosciuti. Nella notte di domenica primo giugno del 2014 alcuni individui non identificati ci hanno attaccati scavalcando le mura intorno all’edificio, sede centrale dell’organizzazione, per appiccare il fuoco nella parte retrostante della casa e hanno bruciato tutti i materiali e gli oggetti che vi si trovavano: impianti elettrici, generatori, impianti stereo, apparecchi per la registrazione sonora, varie casse acustiche e diversi compact disk che utilizziamo per la formazione dei lavoratori.

L’otto giugno, pochi giorni dopo il sabotaggio, tre uomini armati su una motocicletta hanno preparato un’imboscata nei dintorni di casa mia con la chiara intenzione di uccidermi. Mente mi dirigevo alla mia macchina, uno dei tre individui stava facendo da palo e informava gli altri due dei miei spostamenti. Stavo camminando verso l’auto quando i due hanno iniziato ad avvicinarsi a me per portare a termine il loro piano. Grazie all’immediato intervento e alla solidarietà di alcuni vicini e residenti della zona, ho avuto salva la vita e, grazie al deciso intervento della comunità del quartiere, gli aggressori hanno dovuto abbandonare il loro macabro progetto e la loro motocicletta, di colore grigio e con targa MCTB-4544. In seguito a questo attentato mia moglie ha dovuto lasciare il paese per cercare rifugio negli Stati Uniti.

Quali sono le prospettive per Haiti nei prossimi mesi?

Parlando di prospettive, credo che nello stato di emergenza haitiano ci debbano essere libere e democratiche elezioni per rinnovare la classe politica e far tornare il paese a una situazione standard secondo il dettato della costituzione. Questo deve avvenire senza interferenze né imposizioni da parte della comunità internazionale, com’è stato il caso del presidente in carica.

AUMOHD deve continuare a svolgere un gran lavoro di promozione dei diritti e della dignità della persona umana, una nobile battaglia per la difesa e il rispetto dei diritti di tutti. Purtroppo, proprio nel momento in cui rispondo a queste domande, affrontiamo serie difficoltà economiche per andare avanti, per cui, ringraziando in anticipo, vi lanciamo un appello, una richiesta d’aiuto per poter continuare nelle nostre attività.

Note:

[1] Desidero ringraziare davvero tanta gente in Italia per i contributi e il supporto umanitario al popolo haitiano. Devo ringraziare gli amici di Senza Frontiere, di Nova, di SOS Bambino. Un grazie specialmente a tutti gli amici giornalisti, per non menzionare anche Italo, Alma, Romina, Fabrizio, amici del sindacato FIOM, i cui gruppi e media hanno svolto un gran lavoro sul tema delle migliaia di prigionieri politici, delle vittime dei massacri di Grand Ravine e sui diritti dei lavoratori.

20 agosto 2015

CarmillaOnLine

Fabrizio Lorusso e Romina Vinci, “Che ne è stato di Haiti? Una voce da Porto Principepubblicato il 20-08-2015 in CarmillaOnLine, su [http://www.carmillaonline.com/2015/08/20/che-ne-e-stato-di-haiti-una-voce-da-porto-principe/] ultimo accesso 25-08-2015.

 

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